Test d’ammissione: i pregi di una prova controversa

L’introduzione, il 2 agosto 1999, del decreto legge che sancisce che alcuni corsi universitari sono soggetti ad accesso programmato, ha scatenato una serie di polemiche senza fine. Tra i corsi universitari coinvolti, come ben sappiamo, c’è Medicina e Chirurgia, terreno di scontro di discussioni e dibattiti. I test sono molto diversi tra loro. Alcuni selezionano un numero di studenti che rimane comunque ampio, altri sono invece decisamente più limitanti, lasciando posto ai pochi audaci che riescono a superarli. Analizziamo insieme alcuni pregi del test ad accesso programmato. Come ben sapete però non è tutto oro quello che luccica, quindi abbiamo scritto anche un articolo sui difetti dell’accesso programmato. Ma partiamo subito con alcuni vantaggi di questo tipo di test d’ammissione: Maggiore qualità dell’offerta formativa: la qualità, ma soprattutto l’eccellenza, sono elitarie. Tutte le grandi università prevedono una selezione. Una selezione di un numero ristretto di partecipanti ad un programma ne assicura quasi certamente una maggiore qualità. I partecipanti saranno più seguiti e potranno avere a disposizione mezzi migliori. Per non parlare poi dei docenti qualificati, presenti in numero assolutamente limitato sul piano nazionale. Questo non porta ad una selezione elitaria sul piano sociale, il test è aperto a tutti e la selezione è in base al merito. Strutture universitarie più qualificate: l’Italia è un paese assolutamente sovraffollato, ma di dimensioni ridotte. Non abbiamo spazi per poter costruire strutture universitarie in grado di ospitare gli 80mila iscritti annuali ai test sanitari. Una riduzione del numero di iscritti assicura di conseguenza strutture adeguate e adatte allo svolgimento delle lezioni e alla miglior fruizione dei laboratori. Selezione delle competenze: una caratteristica comune a chi ha superato il test è sicuramente quella di essere stati in grado di lottare, di porsi un obiettivo e di mettere da parte qualunque altra distrazione per raggiungerlo. Vengono selezionate sì capacità logiche e competenze di ragionamento, ma anche determinazione e impegno. Non supera il test chi sa più cose, chiamatelo il più secchione se volete, ma esce vittorioso chi è in grado di mettere in pratica di più. E’ quindi un test che, con il dovuto impegno e la dovuta preparazione, non presenta difficoltà insuperabili. La medicina non si limita alla teoria: il medico non è solo uno studioso, ma prima di tutto una persona che deve essere in grado di mettere in pratica le proprie conoscenze. La scrematura è obbligatoria: stiamo parlando di diventare medici, di avere a che fare con la vita umana. Non si può pensare che non esista una selezione dura e competitiva. Non può bastare essere bravi, si deve essere i migliori. Si può però discutere sulle modalità temporali della selezione. E’ meglio essere fermati subito, o dopo due anni come in Francia? O magari dopo anni di fallimenti universitari? Chi ha le competenze e le caratteristiche per diventare medico, sebbene possa rimanere escluso ai primi tentativi, riuscirà comunque a superare l’ostacolo del test mentre chi non è adatto, eviterà di perdere anni preziosi rincorrendo qualcosa che non fa parte del suo reale orientamento personale. Una valutazione uniforme: dal momento che in Italia non vi è una valutazione omogenea a livello nazionale per quanto riguarda la scuola secondaria superiore, non si può basare l’ammissione universitaria sul percorso scolastico. Infatti è ormai consolidata la convinzione che le votazioni oscillino in maniera quasi vertiginosa da regione a regione e perfino da scuola a scuola. Poter calibrare domanda e offerta: grazie alla modalità con test d’ammissione ad accesso programmato si ha la possibilità di stabilire un numero definito di laureati ogni anno. Questo può quindi essere calibrato attentamente in base alle stime della necessità futura di medici.  

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