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Cos’è l’educazione tra pari

24 dicembre 2025

3 minuti di lettura

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Cos’è la Peer education

Il nome parla da sé, ma facciamo un esercizio mentale. Se ti dico la parola “professoressa”, cosa ti viene in mente? Chiudi gli occhi e prova a visualizzarne una. Probabilmente ti apparirà l’immagine di un’insegnante che hai avuto davvero, oppure quella di una docente ideale, una creatura “frankensteiniana”, composta con parti di tutte le prof che hai incontrato durante il tuo cursus honorum scolastico. 

Ci ho provato anch’io e il risultato è stato questo. Una donna matura (perché dire con un piede nella fossa sembra scortese), con degli occhiali fucsia con la catenella e un cardigan impelucchiato di un color cachi che non starebbe nemmeno nella palette armocromatica di uno zombi. Ho sbadigliato solo immaginandola.

E se ti dicessi che non deve essere per forza così? Una professoressa può essere anche una tua compagna di classe o una ragazza di qualche anno più grande, che è pronta a spiegari un argomento, consapevole delle difficoltà che lei stessa ha trovato studiandolo e forte delle strategie e dei trucchetti” che ha messo in atto per metabolizzare e memorizzare le informazioni più utili.

Questa è la peer education, o educazione peer-to-peer o educazione tra pari o … beh, chiamala come ti pare. Una metodologia didattica che si basa su un processo di trasmissione di conoscenze ed esperienze tra i membri di un gruppo di pari, all'interno di un piano che prevede finalità, tempi, modi, ruoli e strumenti ben strutturati.

Un po’ di storia (poca, promesso)

So che a nessuno interessa davvero questa parte e che probabilmente skipperai a piè pari l’intero paragrafo, per questo lo scrivo corto corto, promesso, ma credo che ci sia qualche informazione interessante.

Per esempio, quando si cita la peer education a me viene sempre in mente qualche scuola sperduta tra i fiordi norvegesi, di quelle in cui si sperimentano le teorie pedagogiche più all’avanguardia e dove i bambini abbracciano le renne invece di studiare le tabelline, ma ho scoperto che è un metodo molto più vecchio di quanto si pensi.

Tralasciando il fatto che esistono testimonianze di educazione tra pari praticata in alcune comunità tribali, una prima applicazione strutturata di questo sistema si trova già a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. All’epoca veniva chiamato metodo monitoriale (nome molto meno catchy di quello attuale) e nasceva da una necessità estremamente pratica: nelle grandi città agli albori della rivoluzione industriale, gli insegnanti erano pochi e gli alunni erano centinaia, per lo più di bassa estrazione sociale, dunque era molto più semplice ed economico formare un piccolo gruppo di studenti che poi svolgesse il ruolo di tutor per i compagni.

Poi è arrivato il ‘900, il secolo d’oro della psicologia, e si è scoperto che la peer education non è solo comoda, ma anche efficace ed efficiente. L'approccio di Jean Piaget sull'apprendimento collaborativo e sulla costruzione della conoscenza ha sottolineato l'importanza dell'interazione tra pari nello sviluppo cognitivo e Lev Vygotskij, con il concetto di "zona di sviluppo prossimale", ha evidenziato come si possa facilitare l'apprendimento aiutandosi a vicenda.

Oggi l’apprendimento peer-to-peer è stato formalizzato come metodo educativo a tutti gli effetti e addirittura organizzazioni internazionali come l'UNICEF e l'OMS lo promuovono attivamente in molti Paesi, considerandolo un asso nella manica per raggiungere giovani e comunità difficili da coinvolgere con approcci tradizionali.

Fine del pippone.

I vantaggi

  • Empatia e comprensione reciproca

Lasciatemi tirare un po’ di acqua al nostro mulino, prendendo ad esempio ciò per cui Testbusters si è sempre speso dal momento della sua nascita: il test di Medicina. Meglio un esperto di biologia, che conosce anche quanti pili ci sono tra le chiappe fosfolipidiche di uno Pseudomonas, ma non ha mai affrontato un test d’ingresso, o uno studente che ci è passato poco prima di te e quindi conosce i concetti essenziali, ma soprattutto ha vissuto le tue stesse paure e difficoltà?

  • Flessibilità didattica

I tutor possono adattare le spiegazioni alle esigenze specifiche dei loro colleghi, utilizzando un linguaggio chiaro e diretto. A differenza di un docente tradizionale, uno studente sa come semplificare concetti complicati in maniera fresca, giovane, creando un ambiente di apprendimento più rilassato e meno giudicante, dove è più facile fare domande e chiedere chiarimenti senza il timore di ricevere un’occhiataccia raggelante.

  • Rinforzo positivo

È naturale sentirsi più motivati quando vediamo che chi ce l’ha fatta è una persona come noi. Questo aiuta a superare lo scoraggiamento e a mantenere alta la determinazione, soprattutto in percorsi formativi lunghi e impegnativi. Se ce l’ho fatta io, ragazzi, ce la possono fare tutti!

  • Effetto comunitario

La peer education non si limita a trasmettere conoscenze, ma contribuisce a creare una rete di supporto tra studenti. Questo senso di appartenenza può fare la differenza nei momenti più difficili, offrendo un sostegno emotivo che va oltre il mero l’apprendimento.

I limiti (e come superarli)

Ovviamente, non è tutto rose e fiori. Come in tutte le cose,esistono alcune criticità. Tra i limiti più citati troviamo:

  • Mancanza di esperienza dei tutor

Un tutor studente potrebbe non avere la stessa preparazione di un docente professionista. Tuttavia, si è dimostrato che gli studenti apprendono meglio da chi utilizza un linguaggio vicino al loro, anche se meno accademico. Inoltre, noi educatori, sebbene possiamo essere poco seriosi, prendiamo il nostro compito molto sul serio, e ci teniamo costantemente formati e aggiornati per garantire una didattica di qualità.

  • Rischio di trasmettere errori

Cosa succede se il docente insegna qualcosa di sbagliato? Questo rischio è minimizzato da programmi strutturati, che forniscono materiali verificati. Ad esempio, in Testbusters non siamo mai soli in aula, così, se uno ha una defaillance (capita anche ai migliori), l’altro può intervenire in suo aiuto. La supervisione reciproca garantisce che il contenuto sia sempre accurato e che eventuali errori vengano rapidamente corretti.

  • Possibile mancanza di autorevolezza

Alcuni studenti potrebbero non prendere sul serio un loro coetaneo. Tuttavia, l’efficacia della peer education dipende proprio dalla vicinanza tra tutor e studenti. Il clima informale favorisce un apprendimento più spontaneo e partecipativo, che spesso è più produttivo di una lezione frontale tradizionale. La capacità di stabilire una relazione di fiducia compensa ampiamente la percezione di mancanza di autorità.

Non solo altruismo

Ma chi te lo fa fare?” è una domanda ci siamo sentiti fare spesso e, lo ammetto, me la sono posta da solo tante volte quando, nel clou della sessione d’esami, mi trovavo a dover preparare una lezione, svolgendo tutti i quesiti e accertandomi che i meme sulle slide facessero davvero ridere.

La risposta da santarellino è che lo faccio per amore del prossimo. Quando, da studentello iperidrosico delle superiori, mi trovavo dall’altro lato della cattedra, ho trovato grande aiuto nell’avere una schiera di giovani docenti che mi spronavano e mi tiravano su il morale. Una volta superato il test, l’idea di “restituire il favore” e di mettermi in gioco diventando io stesso un insegnante è nata spontaneamente (un po’ come l’urgenza di svelare al mondo che il II gruppo della tavola periodica si può ricordare con la mnemo-frase Bere Magma Causa Surriscaldamento Basta Ragionare).

La verità è che c’è sempre un pizzico di egoismo. Per donare a questo oscuro sentimento una patina aulica, scomoderei nientemeno che gli antichi Latini, che affermavano “docendo discimus”, insegnando, impariamo. 

L’approccio Peer-to-Peer  non è solo una strategia per trasmettere conoscenze, ma è anche un mezzo per consolidarle. Gli studenti che diventano tutor non si limitano a ripetere nozioni, ma le rielaborano e le approfondiscono, migliorando così la loro capacità critica e analitica. È stato addirittura dimostrato che chi insegna ad altri ottiene migliori risultati accademici rispetto a chi si dedica esclusivamente allo studio individuale. Questo perché l’insegnamento richiede una comprensione più profonda e una capacità di semplificare concetti complessi per renderli accessibili agli altri.

A prova di futuro

C’è un ultimo motivo per cui conviene scegliere l’educazione tra pari. Nonostante la crescente tendenza alla iper-specializzazione, stiamo prendendo sempre più consapevolezza di come la conoscenza non sia divisa in compartimenti stagni, ma sia più simile a un flusso e uno scambio continui tra diversi settori interconnessi. Questo è vero soprattutto in medicina, dove sempre più spesso si punta sulla multidisciplinarietà e sul lavoro di squadra per la discussione dei casi più difficili.

Da questo punto di vista, la peer education non è solo un metodo per superare un esame, ma è una preparazione alla vita professionale. Saper gestire una squadra, sviscerare idee articolate e imparare dagli altri sono soft skills che ciascuno di noi dovrà utilizzare quotidianamente e, allora, perché non iniziare subito?

La prossima volta che ti trovi davanti a un argomento ostico, ricorda: non sei solo: trova un compagno di studi, condividi le tue conoscenze e lasciati ispirare da chi ha già affrontato le tue stesse sfide. In fondo, come dice il proverbio africano, “Se vuoi andare veloce, vai da solo, ma se vuoi andare lontano, vai insieme”. 

Con la peer education, la meta non è mai stata così vicina, e il viaggio mai così arricchente.