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Da Sapere

Ti porto in Exchange a Dublino

Ciao Raga! Sono Giorgia e scrivo questo articolo per raccontarvi un po’ della mia esperienza a Dublino come Exchange Student. Una volta tornata in Italia quando amici e conoscenti mi hanno chiesto un’opinione sulla città, la prima cosa che mi è sempre venuta in mente è che Dublino è una città che non ti aspetti. Non è certamente una delle capitali europee più gettonate eppure ha moltissimo da offrire. Partiamo dagli aspetti positivi. Essendo nata e cresciuta a Milano non ho mai avuto il lusso di avere il mare vicino, quindi, per quanto mi riguarda il primo grande punto a favore della città è proprio il fatto di essere sul mare. Per esempio, una cosa a cui non ero abituata e che mi ha fatta sorridere è che in giro per tutta la città non si vedevano piccioni (schifosi) ma i gabbiani. Quindi, con tragitti brevi è possibile fare lunghissime passeggiate sulla spiaggia e sulle indimenticabili scogliere a picco sul mare. Un altro grande aspetto positivo di Dublino è sicuramente il suo carattere internazionale. La città, infatti, non solo è sede di università molto prestigiose (la più conosciuta è il Trinity College) ma, per via del suo regime fiscale vantaggioso, è meta prediletta dalle multinazionali (Meta e Google per citarne un paio). Questo permette di vivere a contatto con moltissime culture diverse e di conoscere persone da tutte la parti del mondo e non solo europee come potrebbe accadere in altre città. Per fare un esempio i miei vicini di stanza erano cinesi, russi, americani, francesi e scozzesi. Dulcis in fundo, non basterebbe una vita per girare tutti i pub, i locali e le discoteche di Dublino quindi se siete dei festaioli questa potrebbe essere la meta adatta a voi. Inutile dirvi che, se sceglierete questa città, la birra diventerà la vostra principale fonte di idratazione, ma attenzione: se cercherete di tenere il passo di un irlandese con le bevute ve ne pentirete amaramente! Ovviamente anche questa città ha i suoi lati negativi e per me i maggiori punti a sfavore sono stati due: il clima e gli orari. Per quanto riguarda il clima, infatti, posso solo dirvi che lo stereotipo secondo cui in Irlanda piove sempre è assolutamente fondato e in più c’è sempre un vento molto forte (soprattutto nei mesi invernali). Perciò metereopatici traete le vostre conclusioni. Mi spiego meglio, ora, sulla questione orari. Gli irlandesi – come credo tutti i popoli del nord Europa – sono abituati a fare tutto presto rispetto a noi italiani: mangiano presto (intorno alle 18) e iniziano le serate presto (direi non più tardi delle 21). Questo per molti non è un problema, anzi lo preferiscono, ma per me non è stato facile adattarsi a questi orari e anche alla fine dell’Exchange comunque non ci ero riuscita completamente. Veniamo ora all’università. Io ho frequentato lo University College of Dublin (UCD), che è una delle migliori università del paese (insieme al Trinity College) e che racchiude al suo interno qualsiasi tipo di facoltà: da quelle scientifiche a quelle artistiche a quelle umanistiche. In particolare, io ho frequentato i corsi alla Sutherland School of Law e ho scelto:

24 agosto 2022

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Da Sapere

Ti porto in Exchange a Seoul

Sono Edo e al momento mi trovo a Seoul, in Sud Corea, alla fine del mio exchange universitario, decisamente una delle esperienze più pazze della mita vita. In questo articolo vi racconterò brevemente la mia esperienza e farò di tutto per convincervi che Seoul è una delle migliori mete dove fuggire da “Mamma Bocconi” per un semestre.  La prima parola che mi viene in mente per descrivere Seoul è semplicemente “grande”. Non soltanto perchè è letteralmente enorme (ha quasi 10 milioni di abitanti), ma anche perchè con la sua vita frenetica, sempre accesa e in movimento in qualsiasi ora del giorno, ti fa sentire minuscolo. Una delle prime sensazioni che ho provato le prime volte in cui passeggiavo per Gangnam (la montenapoleone di Seoul, dove il palazzo più piccolo e insignificante è più alto dei grattacieli di di Milano) era allo stesso tempo di emozione e paura.  A Seoul è impossibile annoiarsi, ogni distretto e ogni quartiere ha il suo “carattere” e qualcosa di particolare da offire. A Hongdae, dove in un modo o nell’altro prima o poi finirete per ubriacarvi di soju, ballerini e gruppi musicali coreani mettono su veri e propri show per strada a suon di K-Pop. A Itaewon, il quartiere internazionale della città, incontrerete le persone più pazze e con i colori di capelli più stravaganti di sempre. Nei quartieri universitari avrete un assaggio di cosa vuol dire vivere la vita da studente in corea: un mix di studio matto e disperatissimo in biblioteche silenziosissime e bevute accompagnate da grida e canti in coreano nei pocha, i pub coreani.  Per di più, rimarrete senza parole dalla efficienza e dalla sicurezza della Corea. In una città incredibilmente grande, potrete muovervi facilmente con metro e autobus e raggiungere in meno di un ora ogni angolo della metropoli. Avete perso il telefono o il portafoglio da qualche parte? Cascasse il mondo i coreani ve lo riporteranno: ogni stazione di polizia custodisce gli oggetti smarriti per la città in attesa che i loro proprietari vengano a reclamarli.  Ovviamente vivere in Sud Corea non è tutto rose e fiori. In primo luogo, le barriere linguistiche tra il coreano e l’italiano (così come le lingue latine e/o occidentali) sono enormi, è quasi impossibile capirsi se non tramite l’inglese o – se avete il coraggio di studiarlo – il coreano. Spesso per gli stranieri può essere difficile capire le varie procedure burocraticheper l’università o per l’immigrazione. Molti coreani, poi, hanno difficoltà a parlare inglese e in tantissime occasioni vi troverete a dover indicare sul menù che cosa volete ordinare nei ristoranti e a cercare disperatamente di comunicare a gesti che non lo volete piccante.  L’università che ho frequentato a Seoul è la Korea University (고려대학교). Una delle migliori università in Corea (insieme alla Seoul National University e alla Yonsei University), offre tantissimi majors da quelli in economia, a quelli in arti visive, a quelli in lingua e letteratura, a quelli in scienze, medicina e ingegneria. Il mio college era quello di Economics and Political Science, dove ho studiato:

23 agosto 2022

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Pillole didattiche

La X che fa la differenza

Rispondere o non rispondere? È il dubbio amletico che attanaglia tutti gli studenti che affrontano una prova a crocette, soprattutto se questa è la prova di ammissione alla facoltà dei propri sogni. Gli studenti italiani si trovano ad avere sempre più spesso a che fare con domande multiple choice in ogni ambito della loro vita: dai compiti in classe al liceo, all’esame di teoria per la patente, fino al test di ammissione a tanti corsi di laurea come ad esempio medicina e odontoiatria, veterinaria e professioni sanitarie. I quiz a risposta multipla nascono con l’intento di poter valutare oggettivamente i candidati in base alle proprie conoscenze e alle loro abilità logiche, ma c’è anche un insieme di fattori secondari che possono fare la differenza. Questi fattori cambiano di test in test e dipendono dalle regole del gioco. Tra questi c’è la capacità di gestire il tempo, l’ansia, le procedure burocratiche e soprattutto le domande, per cui non si è sicuri della risposta, da spuntare con una decisa X. Per esempio, se in un test non c’è la penalità per la risposta errata, è imperativo che occorra tentare la fortuna e rispondere sperando di beccare la risposta esatta. Che succede quando invece la penalità per la risposta errata c’è (come nei test dell’area sanitaria)? In questo caso dobbiamo affidarci a qualche numero: molto dipende infatti dal punteggio minimo per l’eventuale accesso, poi, in graduatoria e dal numero di risposte che riusciamo a escludere. Per farvi meglio comprendere quello che intendiamo con “affidarsi a qualche numero” la cosa migliore da fare è prendere ad esempio i punteggi minimi dei test del 2015 (ancora “era Cambridge”) e dei test dal 2016 in poi (“era post Cambridge”). Nel 2015, per il test di medicina e odontoiatria, infatti, il punteggio minimo per ottenere un posto fu di circa 30 punti, mentre dal 2016 in poi, con qualche lieve variazione di anno in anno, la soglia si è sempre aggirata dai 50 punti in su. Perché questa differenza fra le due tipologie di test è così importante? Perché può fare la differenza, per capire come fare uno studio mirato: nel 2015 bastava concentrarsi su una materia e puntare tutto su quello. Ma dal 2016 in poi si è evidenziata la necessità di avere ottime basi su tutti gli argomenti, magari tralasciando approfondimenti impegnativi, se il tempo non è dalla nostra parte. Le domande infatti, si sono mediamente abbassate di livello, permettendo di avere una media nazionale più alta, e perciò diventano sempre più determinanti, i quesiti più difficili. Perché se il test è facile, non è più semplice entrare: la selezione ci sarà comunque, perché i posti sono limitati, ma si alzerà il punteggio, inevitabilmente. Grazie al decreto del test 2022 sappiamo che anche quest’anno l’assegnazione dei punteggi funzionerà allo stesso modo, dunque come per gli anni precedenti ci affidiamo alla statistica. Se rispondessimo totalmente a random alle 60 domande, senza escludere nessuna opzione, il nostro punteggio finale risulterebbe negativo. Ma si può comunque notare come ci sia già un guadagno dovendo scegliere tra 4 e non più fra 5 possibili opzioni, ovvero escludendo una delle risposte che ci sembra improbabile. Quando le opzioni escluse diventano due è consigliabile rispondere, se ci sono tante altre domande con le stesse condizioni e se i quesiti di cui si è completamente certi non risultano abbastanza per ottenere un punteggio sufficiente per passare il test. Tuttavia, queste due situazioni presentano ancora dei rischi non indifferenti ed è comprensibile che qualcuno sia portato ad agire con più prudenza. Tutt’altro, invece, accade escludendo tre opzioni, trovandosi indecisi tra due possibili risposte: la situazione sarebbe decisamente positiva in ogni caso, in quanto il 50-50 è una probabilità molto favorevole. È ovvio che condizione necessaria (ma non sufficiente) perché il discorso statistico regga è che tra le opzioni di risposta escluse non sia presente la risposta corretta, più di una volta è capitato che alcuni nostri corsisti si considerassero discriminati dalla statistica ma in realtà escludessero la risposta corretta, sbagliando la domanda per ovvi motivi. La mente umana, con l’intento di proteggerci, ci porta a ricordare lucidamente gli eventi negativi. Nel caso dei test a risposta multipla, è molto frequente ricordarsi di quella famosa domanda di cui non eravamo sicuri e che, con la solita iella che ci ritroviamo, abbiamo sbagliato. Ciò non avviene perché siamo davvero iellati, ma perché ci ricordiamo molto meglio di quando va male, mentre è molto più piacevole convincersi del fatto che le risposte azzeccate in un 50-50 siano effettivamente il frutto della nostra preparazione. La statistica invece parla in modo molto chiaro: nel momento del dubbio, per quelle domande di cui si conosce l’argomento ma per le quali non si è certi di una risposta, bisogna trovare il coraggio di farsi guidare dal proprio intuito e segnare una crocetta che potrebbe rivelarsi decisiva. Per quanto possa non piacere…la statistica ha sempre ragione! Lanciatevi! In bocca al lupo!

3 agosto 2022

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