Pillole Testbusters – Chimica: Solubilità

Il simile scioglie il simile o per i più classicisti di voi similia similibus solvuntur. Questa frase, che molto probabilmente avrete già sentito, riassume un concetto importante del funzionamento del processo di solubilizzazione di un soluto in un solvente: un soluto polare è solubile in un solvente polare, mentre un soluto apolare è solubile in un solvente apolare.

Come si definisce la solubilità?

La solubilità è la quantità massima di soluto che a una data temperatura può essere sciolta in 100 g di solvente.

Una soluzione con una quantità di soluto inferiore rispetto al suo valore di solubilità a una data temperatura, è definita sottosatura; se ne contiene una quantità uguale al valore di solubilità si dice invece satura. 

Se a una soluzione satura si aggiunge altro soluto, questo si depositerà sul fondo formando un corpo di fondo. Tuttavia se si riscalda una soluzione che presenta il corpo di fondo, quindi le si fornisce del calore, questa sarà capace di sciogliere altro soluto, e avremmo una soluzione sovrasatura.

Che cosa influenza la solubilità?

La solubilità dipende da diversi fattori:

  1. Stato di aggregazione: infatti i solidi covalenti (ad esempio il diamante e la silice) e i solidi metallici sono insolubili in qualsiasi solvente perchè le forze di attrazione che si stabiliscono tra le particelle di solido e quelle di solvente non sono sufficienti a vincere quelli tra le particelle di solido.
  2. Natura delle specie coinvolte: come già detto prima Il simile scioglie il simile 

  3. Temperatura: a seconda che si tratti di gas o solidi e liquidi avremmo un comportamento differente.

     

    Per quanto riguarda i soluti solidi e quelli liquidi, in genere all’aumentare della temperatura aumenta la loro solubilità nel solvente; infatti avrete potuto constatare voi stessi che lo zucchero si scioglie molto meglio nel tè bollente che nel tè lasciato raffreddare. Questa regola presenta però delle eccezioni: il solfato di sodio (chiamato anche sal mirabilis), anticamente usato come lassativo, all’aumentare della temperatura diminuisce la sua solubilità.

     

    Per i soluti gassosi invece la solubilità aumenta al diminuire della temperatura e diminuisce all’aumentare della temperatura. Se avete mai lasciato la Coca Cola al caldo avrete constatato che si sgasa: questo perché all’aumentare della temperatura, aumenta l’energia cinetica delle molecole di CO2 disciolte al suo interno, il che facilita la loro fuga.

     

  4. Pressione: questo parametro non influenza la solubilità dei solidi e dei liquidi essendo essi praticamente incomprimibili. Per quanto riguarda i gas invece la solubilità aumenta all’aumentare della pressione e diminuisce al diminuire della pressione. 

La solubilità dei gas in un liquido è descritta dalla legge di Henry, enunciata qui di seguito.

La solubilità (s) di un gas in liquido, a una data temperatura, è direttamente proporzionale alla pressione parziale (p0) che il gas esercita sulla superficie del liquido:

s = KH • p0


La costante di solubilità
KH, chiamata costante di Henry o coefficiente di solubilità, dipende dalla natura chimica del solvente e dalla temperatura della soluzione.

La legge di Henry è molto importante a livello medico perché è il principio sulla base del quale si tratta l’embolia gassosa, una condizione, tipica di chi fa spesso immersioni, in cui l’azoto, disciolto nel sangue e nei tessuti per l’elevata pressione, forma bolle gassose quando questa diminuisce. Infatti ogni respiro fatto in profondità dal sub, attingendo dalle bombole ad aria compressa ad alta pressione, contiene molte più molecole di O2 e di N2 rispetto a quando si respira normalmente l’aria atmosferica (che non è infatti compressa). L’O2 non si accumula perchè viene usato in grande quantità dall’organismo, mentre l’N2 si accumula nel sangue e nei tessuti. Se la risalita del sub è particolarmente veloce, quindi si ha una variazione di pressione esterna molto rapida questo N2 disciolto, per la legge di Henry, si libera e non facendo in tempo ad essere espirato, forma delle bollicine che possono ostruire vasi e avere conseguenze fatali. Il trattamento consiste nell’inserire il paziente in delle camere iperbariche, ossia ad alta pressione, che provocano ricompressione dell’N2 e poi gradualmente riducono la pressione per rimuovere il gas in eccesso senza danni.

Ricordate però che la legge di Henry non vale per quei gas che reagiscono con il solvente (come succede ad esempio con la CO2 con l’H2O nel corpo).

Caratteristiche del processo di solubilizzazione

Il processo di solubilizzazione può essere endotermico o esotermico:

  • in genere nei soluti solidi il processo è endotermico nel senso che per avere luogo richiede energia sottoforma di calore → di conseguenza un aumento di T favorisce il processo di solubilizzazione. 

Questa è la base del funzionamento del ghiaccio secco istantaneo, in cui è presente nitrato di ammonio NH4NO3 che quando viene liberato in acqua (in seguito a compressione della bustina) si discioglie in essa mediante un processo fortemente endotermico che assorbe tanto calore, generando il ghiaccio istantaneo che dura per circa 20 minuti

  • nei soluti fluidi o gassosi, invece, spesso il processo è di tipo esotermico, ossia la solubilizzazione libera energia sottoforma di calore → il processo di solubilizzazione è ostacolato da un aumento della T.

Elettroliti e non-elettroliti

Un’altra classificazione dei soluti, in particolare di quelli che si sciolgono in acqua, permette di distinguerli in elettroliti e non elettroliti.

I non elettroliti sono sostanze che in acqua non si dissociano in ioni; lo sono alcuni composti organici come (alcoli) e alcune biomolecole (monosaccaridi, glicerolo e disaccaridi) che in acqua sono presenti sottoforma di molecole.

Gli elettroliti sono sostanze che in acqua si dissociano in ioni e per questo motivo possono condurre l’elettricità (ecco dunque spiegato da cosa deriva il loro nome). Questi sono distinti in:

  • forti → se in soluzione acquosa sono completamente dissociati in ioni.

Lo sono i sali solubili, gli acidi forti e le basi forti.

  • deboli → quando sono parzialmente dissociati in soluzione acquosa. Si ha una reazione con equilibrio spostato verso sinistra (forma indissociata).

Lo sono le basi deboli e gli acidi deboli.

Prodotto di solubilità

Fino ad ora avevamo definito la solubilità in modo qualitativo; esiste una definizione quantitativa di solubilità di una sostanza: 

il numero di moli di una sostanza disciolte in un litro di soluzione satura. 

Sulla base di questa definizione possiamo classificare quantitativamente le sostanze in base alla loro solubilità in:

  • insolubili: solubilità < 10-3 M
  • debolmente solubili: solubilità tra 10-3 e 10-1 M
  • solubili: solubilità > 10-1 M

I soluti debolmente solubili hanno un equilibrio interessante in soluzione; se ne introduciamo gradualmente una certa quantità in un grande volume questo si dissocia e aumenta la concentrazione dei suoi ioni in soluzione. A un certo punto però si arriverà a saturazione e il solido in eccesso si deposita come corpo di fondo e la concentrazione degli ioni non aumenta più. Si ha un equilibrio dinamico tra gli ioni del solido che vanno in soluzione e gli ioni della soluzione che si depositano come corpo di fondo. Immaginando di avere come sale il solfuro d’argento, la reazione di dissociazione è la seguente:

Ag2S ⇌ 2Ag+ + S2-


Di questa reazione, a partire dalla K
eq, è possibile ricavare il prodotto di solubilità Kps

Kps = [2Ag+]2 • [S2-


che è costante a T costante ed è uguale al prodotto della concentrazione degli ioni del composto, ognuno elevato al proprio coefficiente stechiometrico dell’equazione di dissociazione.

Indicando con s la solubilità in mol/L del sale e sapendo che da 1 mol di Ag2S si dissociano 2 mol di Ag+e 1 mol di S2-, la Kps avrà come Kps:

Kps = [2Ag+] • [S2-]2 = (2s)2 • s = 4s3

Effetto ione comune 

Relativamente ai composti poco solubili esiste un altro fenomeno interessante che ha numerose applicazioni nella vita di tutti i giorni: l’effetto dello ione comune. 

Consideriamo una soluzione satura di Al(OH)3 e ipotizziamo di aumentare la concentrazione di uno dei due ioni tra Al3+ o OH aggiungendo alla soluzione un composto molto solubile che contenga uno dei due ioni, ad esempio NaOH. Essendo quest’ultimo una base forte, in soluzione si dissocia completamente in Na+ e OH, aumentando la concentrazione di ioni OH che essendo in eccesso si combineranno con gli ioni Al3+ della soluzione formando Al(OH)3 che precipita. Questo è l’effetto ione comune: l’equilibrio della reazione Al(OH)3 ⇌ Al3+ + 3OH

si sposta a sinistra e il valore di Kps rimane costante. 

Viene usato per depurare le acque inquinate con ioni di metalli nocivi: si usa l’effetto dello ione comune favorendo la formazione e conseguente precipitazione di composti insolubili, che in questo modo possono essere facilmente eliminati.

 

ESERCIZIO

Sapendo che il prodotto di solubilità del PbI2 è pari a 7,9 • 10-9, qual è la concentrazione di ioni I presenti in 2 L di una soluzione acquosa di Ioduro piomboso?

  1. 1,25 • 10-3 mol 
  2. 2,5 • 10-4 mol/L
  3. 5,0 • 10-3 mol
  4. 1,99 • 10-6 mol/L
  5. 7,9 • 10-9 mol
Correzione commentata

In soluzione PbI2 si dissocia nel seguente modo:

PbI2 ⇌ Pb2+ + 2I

Il prodotto di solubilità sarà:

Kps = [Pb2+] • [ I ]2 = s • (2s)2 = 4s3

Quindi per ricavare s bisogna fare la formula inversa: 

s = 3Kps4 = 1,25 • 10-3 mol/L 

Ma per ogni mol di PbI2 se ne liberano due di I, quindi va moltiplicato questo risultato per 2:

1,25 • 10-3 mol/L • 2 = 2,5 • 10-3 mol/L

Tuttavia l’esercizio chiede la concentrazione di ioni I in 2 L di soluzione:

2,5 • 10-3 mol/L • 2 L = 5,0 • 10-3 mol


Risposta corretta 3
.

Buon lavoro!

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